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Textes de référence

Macron, estratto del discorso alla Sorbona: un'apologia a favore del plurilinguismo

Sorbona, 26 settembre 2017
“Il cemento più resistente dell’Europa sarà sempre la cultura e il sapere”. Perché questa Europa nella quale ogni europeo riconosce il proprio destino nel profilo di un tempio greco o nel sorriso della Monna Lisa, che ha potuto provare delle emozioni attraverso tutta l’Europa grazie alla lettura di MUSIL o PROUST, questa Europa dei “cafés”, di cui parla STEINER, questa Europa di cui SUARES diceva che è “una legge, uno spirito, una consuetudine”, questa Europa dei paesaggi e dei folclori, questa Europa di qui ERASME, di cui si riconosceva come precettore, affermava che bisognava già chiedere a tutti i giovani di “attraversare il continente per imparare altre lingue” e “sbarazzarsi della propria natura selvaggia”. Questa Europa, attraversata da tante guerre, tanti conflitti: ciò che la tiene unita, è la cultura.
La nostra frammentazione è soltanto superficiale. È infatti la nostra più grande fortuna. E invece di lamentarci della sovrabbondanza delle nostre lingue, dobbiamo farne un punto di forza! L’Europa deve essere questo spazio nel quale ogni studente parlerà almeno due lingue europee entro il 2024. Invece di disapprovare la frammentazione delle nostre regioni, rinforziamo gli scambi! Nel 2024, la metà di una classe d’età deve aver trascorso, prima dei 25 anni, almeno sei mesi in un altro paese europeo. Che sia studente o apprendista. E proprio allo stesso luogo nel quale alcuni pionieri, come a Bologna, Montpellier, Oxford o Salamanca hanno creduto nella forza dell’apprendimento, dello spirito critico e della cultura, voglio che noi siamo all’altezza di questo grande disegno.
Propongo la creazione di università europee che saranno una rete di università di diversi paesi d’Europa, introducendo un percorso nel quale ogni studente studierà all’estero e seguirà dei corsi in almeno due lingue. Delle università europee che saranno anche luoghi di innovazione pedagogica, di ricerca d’eccellenza. Noi dobbiamo avere l’obiettivo di costruirne almeno una ventina entro il 2024. Ma noi dobbiamo anche, già dal prossimo anno accademico, strutturare le prime, con un vero semestre europeo e dei veri diplomi europei.
E questi legami devono essere stretti già dal liceo. La mia speranza è che inizieremo un processo di armonizzazione o di mutua riconoscenza dei diplomi delle scuole secondarie. Come l’abbiamo fatto, giustamente per gli studenti, con il processo di Bologna, inauguriamo sin da oggi un processo della Sorbona che permetterà di definire un vero programma di scambi, cambiamenti e transazioni in tutto il sistema secondario europeo.
Perché come ricorda MOUNIER: “l’universale si parla agli uomini in varie lingue, ognuna delle quali ne rivela un aspetto peculiare”. Attraverso queste iniziative, non vi propongo atti di resistenza. Si tratta di atti di conquista per le generazioni future. Perché quello che resta alla fine, è ciò che unisce gli uomini! È questa vita collegiale che avrete vissuto a Parigi, a Milano, a Berlino o a Gdansk! È questo che conta, ciò che farà questo cemento europeo, questo filo insecabile che tiene unita l’Europa, che fa in modo che quando i governi si scontrano, quando le politiche talvolta non sono più le stesse, ci sono delle donne e degli uomini che portano le storie comuni.
Ma voglio soprattutto farvi toccare con mano che le vostre generazioni devono coniugare questa Europa in diverse lingue. L’Europa del multilinguismo è una occasione inedita. L’Europa non è un’omogeneità nella quale tutte e tutti dovrebbero dissolversi. Questa sofisticazione europea è questa capacità di pensare i frammenti europei senza i quali l’Europa non può in alcun caso definirsi Europa. Ma tutto ciò ha la conseguenza che dovunque, quando un europeo viaggia, è un po’ più che un francese, un greco, un tedesco o un olandese. Lui è un europeo perché ha già in lui questa parte di universale che racchiude l’Europa e il suo multilinguismo.
E l’Europa deve essere composta delle sue lingue e sarà sempre fatta di una parte intraducibile. E questo bisogna preservarlo. Il dibattito politico e giornalistico si nutre di questa parte intraducibile. Sapete, mi confido con voi: domani, gli uni gli altri vorranno vedere le piccole divergenze, le discussioni che ci saranno riguardo a questo discorso, e coloro che non avranno nessuna idea cercheranno di vedere gli ostacoli dicendo: “guardate, là...”. Questi ostacoli, e l’ho spesso constatato, a volte esistono, ma nella maggioranza dei casi non sono fondamentali. Sono soltanto delle parti di questa componente intraducibile. È una differenza di lingua, di cultura. È ciò che porta al fatto che quando diciamo “debito”, questa parola non ha affatto lo stesso senso e le stesse implicazioni in Francia e in Germania! Bisogna prenderlo in considerazione quando se ne parla. I nostri dibattiti politici sono sempre più complicati in Europa rispetto al resto del mondo. Perché, in qualche modo, il Sisifo europeo deve sempre spingere questa componente intraducibile. Ma questa parte intraducibile, è la nostra fortuna! È quella parte di mistero che c’è in ognuno di noi, ed è la fiducia che c’è nel progetto europeo. È il fatto che, in un dato momento, senza parlare la stessa lingua e con questa parte di sconosciuto e di irriducibile differenza, noi decidiamo di agire insieme, anche se avremmo dovuto separarci. Io rivendico questa parte d’intraducibile, d’irriducibile differenza, perché voglio immaginare Sisifo felice.
E perché in fondo, la circolazione delle idee e degli uomini è ciò che la gioventù europea dovrà portare e volere per l’Europa, quello che ci ha da sempre uniti, ben oltre che la rigidità delle regole o delle frontiere. È per questo che dobbiamo avere fiducia nell’Europa, in quello che abbiamo imparato gli uni dagli altri nei secoli, per trovare il cammino di questa unità.

Fonte: observatoireplurilinguisme.eu  

Traduzione: Francesca Corsetti, stagista presso l'OEP